Thursday, December 15, 2005

La mosca cojonuda

Stamattina dovevate vedermi bello arzillo e pimpante mentre rigovernavo, fischiettando l'ultimo successo dei Baustelle ed interrogandomi sul Natale e sulla sua pubblica utilità nel raggiungimento della felicità. Talmente assorto nei miei pensieri, agghindato con grembiule e ciabatte di pezza, non mi sono accorto che stavo spolverando il bordo della finestra schiacciando quasi una povera mosca che prendeva il sole tutta tranquilla.
Non l'avessi mai fatto.
Al mondo esistono diversi tipi di mosche: c'è quella domestica, quella cavallina, il moscone della carne e così via. Ma solo una è veramente fastidiosa per l'appunto come una mosca. E' la mosca stronza. Sono quelle mosche rintronate che si trovano solitamente sul vetro di una finestra, e ci restano appiccicate a differenza delle altre che se sfiorate volano via protestando in pochi secondi. Loro invece stanno lì, cercando di raggiungere la luce, l'illuminazione eterna che il vetro impedisce loro di raggiungere ma che il loro cervello non è in grado di concepire. Sbattono, risbattono la testa, ronzano attorno ma non c'è verso di farle demordere dal loro vegetare inspiegabile. Sono quelle che se vi si attaccano al braccio non vi mollano più, a costo di fare la danza del ventre divincolandovi come ballerine indiane per farla andar via.
Così ho tentato di aprire la finestra per farla gentilmente accomodare fuori dalla mia stanza ordinata ma, ovvio a dirsi, non m'ha filato pari. Ho lasciato la finestra aperta per un po', sperando si accorgesse che nessuno la tratteneva sul vetro e che se voleva poteva andarsene senza problemi ma al mio ritorno dopo quasi un'ora era ancora al suo posto. Prenderla con le mani era impensabile, sono troppo fifone per aver a che fare con insetti che non siano al massimo formiche. La cosa bella è che questo tipo di mosche non rimangono ferme, ma colte da raptus isterico si muovono nervosamente di pochi centimetri restando sostanzialmente sempre al loro posto e producendo un fastidiosissimo ronzio simile a quello di un moscone. Potevo dunque permettere che la mattinata proseguisse in quelle condizioni? Avevo da lavorare non potevo certo perdere troppo tempo dietro una mosca. Peraltro con la finestra aperta in dicembre e il ronzio continuo come minimo avrei dovuto mettermi a correggere i compiti in classe seduto alla mia scrivania con un giaccone invernale e il paraorecchi. Eccessivo davvero.
Raggiunto dunque il livello di sopportazione X+1, dove X era il limite massimo che ero disposto ad accettare, ho preparato una contromossa. Dotato di apposito spargimiele, quello strumentino delizioso quasi inutile che serve a cospargere le fette di pane con il prezioso nettare delle api operose, mi sono avvicinato alla mosca cojonuda. Un attimo e oplà! era ricoperta di vischiosità ambrata in un tripudio di ronzii agonizzanti. Ho assistito trionfante ai suoi tentativi di divincolarsi per un minuto circa. Poi con un pezzettino di carta l'ho raccolta, ferma e ormai semisilenziosa e con un colpo di mano ben assestato l'ho spedita fuori dalla finestra, curandomi di non farla cadere in testa ad un passante, che poi valla a raccontare al giudice di pace una storia così.
Comunque, che non si sparga la voce che sono una persona cattiva eh? Son talmente buono che non farei male ad una mosca.




0 Comments:

Post a Comment

<< Home